Con gli ultimi 66 volumi manoscritti consegnati il 12 maggio 2011. è stato completato il restauro di tutte le Procure appartenenti all’Archivio del Capitolo Cattedrale di Conversano. Razziato del tutto nel sacco della città nel 1503 ad opera degli spagnoli che utilizzarono le pergamene e le carte per farne micce dei loro cannoni, sopravvissuto all’incendio della cattedrale l’11 luglio 1911 e alle decennali aggressioni del tempo, del clima e dell’incuria nella “prigione” della torre campanaria della cattedrale, esso dal 2002 ha trovato nuova vita nella sede dell’Archivio Diocesano di Conversano e della Biblioteca Diocesana “D. Morea” di Conversano.
La serie delle Procure comincia con 18 superstiti fascicoli dal 1546 al 1571, riprende dal 1625 e prosegue, sia pure con diversi vuoti annuali, fino al 1897, per un totale di 218 volumi.
La procura, si sa, ci permette di conferire a un’altra persona, sia essa fisica o morale, il potere di rappresentarci giuridicamente, e Cicerone chiamava il procuratore “vicario del diritto altrui”. Anticamente nella Chiesa si chiamava diritto di procura quella quantità di denaro o viveri che le chiese somministravano al vescovo o agli altri superiori ecclesiastici nelle loro visite. Quali erano le persone deputate a redigere i nostri libri delle Procure e cosa esse contengono? Potrebbero sembrare ai nostri occhi solo carte antiche, perfino poco significanti, magari da custodire per un’affettiva tutela campanilistica; esse invece rappresentano una storia della città con un taglio eminentemente economico-religioso, ma con dovizia di molteplici dati e perciò preziosi per ogni ricerca.
Innanzitutto la durata della Procura era annuale e decorreva del 16 (o 15) agosto al 15 agosto dell’anno successivo; a partire dal 1820 venne invece sincronizzata con l’anno civile dal 1° gennaio. Il procuratore era scelto con votazione de gremio capituli: il capitolo era composto da 24 canonici, comprese le 4 dignità maggiori (arcidiacono, arciprete e 2 primiceri); dopo lo scrutinio la nomina veniva verbalizzata nel libro delle Conclusioni capitolari. Il procuratore s’inquadrava in un collaudato e stabilizzato organigramma, anch’esso scelto per votazione, scrutinato e verbalizzato: i razionali, in numero di 4 o anche di 6, i depositari, in numero di 2, gli affittatori, anch’essi 2, l’avvocato e infine il procuratore ad lites.
Qual è il contenuto delle Procure? Senza dubbio è di natura economica: si trattava di amministrare e redigere il bilancio di un poliarticolato patrimonio: immobiliare urbano, fondiario, censuale, beneficiale e avventizio-cultuale. Basti pensare che nella Platea redatta nel 1823 dal regio agrimensore Giuseppe Palombella di Andria sono raffigurate 54 Piante numeriche dei fondi capitolari, e in quella del 1826 dall’architetto agrimensore Giuseppe Antonio Sabbatelli di Fasano altre 247 tavole per complessivi 805 tomoli e 5,4 stoppelli.
Le voci del bilancio erano normalmente le seguenti: l’Introito comune, i cui proventi erano suddivisi tra canonici e mansionari, l’Introito canonicale, le Decime in derrate alimentari (olio, vino, grano), gli introiti derivanti dalla Cera, dagliSponsalitii, dalle Spoglie o Mortizzi, con i relativi esiti consuntivi e le ripartizioni. Una ricca e preziosa miniera che dà spazio e input a ogni ricerca. A titolo puramente esemplificativo le Procure documentano le Feste e processioni a Conversano nel ’700(cf. Crescamus 8) con gli annessi obblighi cultuali e redditi, e con note di fondazione. Se la chiesa di S. Rocco l’anno scorso ha festeggiato il suo 500° anno di fondazione lo deve alla documentazione di una Procura del 1510, oggi perduta. Così a proposito della morte della contessa Isabella Filomarino, moglie del conte Giangirolamo II, rinveniamo annotate le pompe funerali il 9 giugno 1679 per una spesa di 12 ducati (f. 56r). E così via, per non dilungarci; insomma ci si può veramente “divertire”!
Un’ultima annotazione si può fare circa la redazione grafica dei procuratori (tra loro nel 1774-75 figura anche Nicola Carelli che subentrò come vescovo di Conversano al fratello Gennaro nel 1820): sono in molti ad arricchire il volume con inchiostri multicolori, oro compreso, e con illustrazioni che non mancano di essere pregevoli per il loro accattivante candore naïf. A tal proposito si allega l’antiporta della Procura di Giovanni Antonio Parente (1680-81, f. 2r: il Cristo che ascende al cielo è sormontato dal bel motto concordia, res parvae crescunt; in basso sono Giovanni apostolo ed evangelista e ai lati s. Antonio e s. Vito) e di Guidotto Martucci (1756-57, f. 79r: musici e oratori si affacciano dai rispettivi palchetti in una sontuosa scenografia teatrale).
Angelo Fanelli